Immatricolazione di veicoli importati: dichiarazioni false

Il caso. La Corte d’Appello di Bologna confermava la condanna per i reati di falso ideologico in atto pubblico. All’imputato, legale rappresentante di una S.r.l. dedita al commercio di auto, veniva contestato di aver falsificato la documentazione allegata alla richiesta di immatricolazione di alcuni autoveicoli importati dalla Germania facendo apparire che l’acquisto era avvenuto da privati cittadini residenti nell’UE, inducendo così in errore la Motorizzazione civile.

La sentenza di condanna viene impugnata con ricorso in Cassazione lamentando l’insussistenza del reato in quanto i dati oggetto dell’accusa non compaiono sul libretto di circolazione, quale atto pubblico rilasciato all’esito del procedimento di immatricolazione.
Il Collegio richiama l’art. 1, comma 9, d.lgs. n. 262/2006 che impone ai soggetti che commercializzano veicoli, ai fini dell’immatricolazione degli stessi, la presentazione della certificazione doganale attestante l’assolvimento dell’IVA, adempimento non richiesto invece ai privati. Il ricorrente, con la condotta contestata, aveva “coperto” l’omesso versamento dell’IVA facendo apparire l’operazione come intervenuta tra privati e inducendo in errore il pubblico ufficiale che ha rilasciato il libretto di circolazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’immatricolazione.

La presentazione di una dichiarazione sostitutiva di notorietà falsa in ordine alla provenienza dei veicoli si riverbera sui provvedimenti di abilitazione alla circolazione degli stessi, risolvendosi in una falsità ideologica. Sussiste «il delitto di falso ideologico in atto pubblico per induzione allorquando la falsità investa i presupposti di fatto o condizioni giuridicamente rilevanti per il rilascio dell’atto – in difetto dei quali l’atto non avrebbe potuto essere rilasciato – apparentemente esistenti in virtù di attestazioni o atti provenienti dal privato, pur se non necessariamente risultanti dall’esame dell’atto, che si inseriscono funzionalmente nel complesso procedimento amministrativo che sfocia nel rilascio dell’atto pubblico».
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Consulta la sentenza n. 9950/2018, Cassazione penale

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