Orientamento ARAN – Turni di lavoro e flessibilità dell’orario

Se il lavoratore turnista accumula ore per effetto della flessibilità oraria, ove le recuperi prestando un orario inferiore alle 6 ore giornaliere, in quel giorno devono essere comunque liquidate 6 ore di indennità di turno oppure devono essere detratte le ore lavorate in meno anche si tratta di ore lavorate in più rispetto alle 6 ore ordinarie di altri giorni?

Ad avviso della scrivente Agenzia, su di un piano generale ed astratto, non vi è un’incompatibilità assoluta tra organizzazione del lavoro per turni e fruizione da parte del lavoratore turnista di permessi brevi a recupero, di cui all’art.20 del CCNL del 6.7.1995.

Ma indubbiamente non possono non evidenziarsi le ricadute organizzative di una tale situazione, tenuto conto delle finalità e delle caratteristiche tipiche dell’organizzazione del lavoro per turni.

Infatti, questa ha lo scopo di assicurare la continuità dell’erogazione del servizio in una determinata fascia oraria (di almeno 10 ore) attraverso la effettiva rotazione ciclica dei lavoratori, in ciascuna delle articolazioni orarie prestabilite (antimeridiane, pomeridiane ed eventualmente serali), sul medesimo posto di lavoro, in base alle esigenze organizzative dell’ente.

Ad esempio, un lavoratore rende la sua prestazione lavorativa in un determinato posto di lavoro dalle 7.30 alle 13,30 ed è sostituto da un altro lavoratore per prestazioni che abbracciano il diverso arco temporale che va dalle 13,30 alle 19,30.

Appare evidente che se il primo lavoratore si avvale di tre ore di permesso breve, secondo la disciplina contrattuale, incominciando la prestazione alle 10, 30 anziché alle 7,30 come stabilito per il suo turno, il servizio non è comunque reso per tre ore, in conflitto con la finalità del turno che, come si è detto, è quella di garantire la continuità del servizio.

Analogo effetto interruttivo si determinerebbe nel caso in cui il lavoratore preso in considerazione, avvalendosi di tre ore di permesso breve, anticipasse l’uscita alle 10,30 (rispetto alla prevista cessazione della prestazione alle ore 13,30).

Rispetto a tale contesto, nessun rilievo sembra comunque acquisire la circostanza che sempre lo stesso lavoratore ipotizzato successivamente, recuperi, secondo le regole generali, le ore di permesso fruite in flessibilità (in entrata o in uscita).

Infatti, come sopra evidenziato il lavoratore rende la sua prestazione in due articolazioni orarie aventi una precisa durata: dalle 7,30 alle 13,30 e dalle ore 13,30 alle 19,30.

Conseguentemente, l’eventuale recupero del dipendente finirebbe per collocarsi sempre e necessariamente al di fuori delle fasce della turnazione.

Così ad esempio, ove il dipendente ipotizzato restasse a recuperare nel giorno successivo le tre ore di permesso fruite, al termine della sua prestazione antimeridiana (dalle 7,30 alle 13,30), si troverebbe a lavorare nella seconda articolazione prevista nella turnazione (quella pomeridiana) in cui è prevista la presenza di un diverso lavoratore.

Tale prestazione, quindi, non potrebbe considerarsi comunque come turno.

Ciò comporterebbe che, nonostante il recupero orario, al lavoratore per le tre ore di permesso fruite non potrebbe essere corrisposta l’indennità di turno in quanto:

a) non avendo reso la prestazione per le tre ore a causa del permesso, viene meno il presupposto stesso per l’erogazione dell’indennità; in base all’art.22, comma 6, del CCNL del 14.9.2000, l’indennità di turno può essere corrisposta solo per i periodi di effettiva prestazione di servizio in turno;
b) a seguito del recupero, il lavoratore avrà pure reso una maggiore prestazione lavorativa, corrispondente alle ore di permesso fruite, ma, come si è già detto, essa finisce per collocarsi necessariamente al di fuori dell’articolazione oraria prevista per lo stesso nell’ambito del turno e, quindi, non può essere considerata come rientrante nel regime della turnazione.

 

Fonte: www.aranagenzia.it 

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