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Abbandono di animali: commette reato chi detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura
Lo ha ricordato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10009 dellÂ’1 marzo 2017

Condannata dal Tribunale ai sensi dell’art. 727 del Codice Penale (“abbandono di animali”), propone ricorso in Cassazione contestando la sussistenza del reato. Niente di strano, nella visione della ricorrente, nel tenere un cavallo e 25 gatti rinchiusi in un solo locale, costretti in condizioni igieniche pessime, anche in relazione alle necessità degli animali. A testimoniarlo concorrono anche le conseguenze psico-fisiche che questi avrebbero subito.

La Corte, nel procedere al respingimento del ricorso, ricorda che l’art. 727 punisce chi “detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura”, che causano loro gravi sofferenze. Il testo, tratto dal Codice Penale, punisce anche la condotta occasionale di detenzione degli animali, laddove questa sia idonea a provocare le “gravi sofferenze” di cui sopra. Non è necessario quindi cagionare una lesione dell’integrità fisica, ma sono sufficienti sofferenze ingiustificate.

Infondati i tentativi della donna di sostenere diverse ricostruzioni dei fatti, né la soccorre la tesi presentata secondo la quale avrebbe accolto i gatti solo per salvaguardarli e non lasciarli abbandonati all’aperto. Il riparo che intendeva offrire ai felini si è in realtà rivelato una trappola senza via d’uscita, dalla quale non era data possibilità di uscire liberamente. Molti di essi sarebbero inoltre stati ritrovati con gravi infezioni respiratorie.

Discorso simile si può fare per il cavallo che, seppur regolarmente sfamato, era affetto da patologie che necessitavano di una ferratura ortopedica e di medicinali antidolorifici non somministrati.

Consulta la Sentenza n. 10009 dell’1 marzo 2017


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