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False dichiarazioni sulla identità: mostrare a pubblico ufficiale la tessera sanitaria di altri è reato
La Cassazione interviene sul caso di un ricorso proposto da un uomo condannato per vari reati, fra cui falsa dichiarazione di identità e rifiuto di fornire le proprie generalità

Per il configurarsi del reato di cui all’art. 496 del Codice Penale “false dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri” è sufficiente mostrare a un pubblico ufficiale una tessera sanitaria che riporta generalità di terzi. Lo chiarisce la Corte di Cassazione con una recente sentenza. L’imputato presentava ricorso contro la condanna sulla base della non equiparazione fra la tessera sanitaria e i documenti di riconoscimento (ai sensi art. 35, comma 2, d.P.R. n. 444 del 2000) ma l’art 496 punisce, ricordano i giudici “la condotta di chi renda dichiarazioni mendaci sulla identità propria a un pubblico ufficiale”. In questo senso l’esibizione di un supporto, di qualsiasi tipo esso sia, riportante i dati anagrafici di un’altra persona, è una condotta sanzionabile.

Dichiarare false generalità a pubblico ufficiale: il tipo di documento mostrato è rilevante?

La natura del documento contenente le false generalità è del tutto irrilevante. Nell’integrazione del reato preso in esame è equivalente che la falsa dichiarazione sia testimoniata da un supporto di qualche tipo o sia fornita verbalmente.

Consulta il testo della sentenza n.  645 del 9.1.2017 della Corte di Cassazione


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