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Resistenza a pubblico ufficiale: l’alcolismo non è una attenuante
La Cassazione esamina un caso di aggressione: la parziale infermità mentale dell’imputato equivale alla recidività del reato in sede di giudizio, giustificando la conferma della pena

La sentenza esaminata riguarda un caso di aggressione e resistenza a pubblico ufficiale. L’imputato, condannato  a 6 mesi di reclusione (con applicazione della libertà vigilata), ricorre in Cassazione. La difesa fa leva in particolare sulla acclarata seminfermità mentale del soggetto, già noto alle forze dell’ordine avendo avuto ben sette precedenti condanne per il medesimo reato. L’episodio di resistenza esaminato consiste in minacce e in un pugno scagliato dall’imputato, che ha colpito alla spalla un ufficiale.

Nonostante le condizioni psichiche e lo stato di dipendenza da alcool in cui versa il soggetto, i giudici respingono l’ipotesi della difesa secondo cui al momento del reato egli non si rendesse conto di quello che stava accadendo. È diritto acquisito che la ridotta capacità di intendere e volere non sia incompatibile con la coscienza e la volontà all’azione: “Il vizio parziale di mente deve considerarsi logicamente compatibile con il dolo, non essendovi contrasto fra la semi-infermità mentale ed il ritenere provato il dolo.” Sarebbe a dire che di coscienza e volontà di compiere un reato sono presenti anche in presenza di un vizio parziale di mente. Considerati anche gli innumerevoli precedenti specifici a carico dell’imputato, ben sette condanne, che di fatto ne testimoniano la pericolosità, la Corte ha confermato la condanna.

Consulta la Sentenza  1420 del 12.1.2017 della Corte di Cassazione


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