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Nullità dell'atto amministrativo
La nullità del provvedimento ha carattere eccezionale e il “difetto assoluto di attribuzione”, quale causa di nullità del provvedimento amministrativo, evoca la cosiddetta carenza di potere in astratto, vale a dire l'ipotesi in cui l'amministrazione assume di esercitare un potere che in realtà nessuna norma le attribuisce - Consiglio di Stato, sez. IV, 26/8/2014, n. 4281

Fattispecie, questa, assolutamente residuale, tanto da aver condotto all’affermazione che, ricostruito in questi termini, il difetto assoluto di attribuzione rappresenti, in definitiva, un caso di scuola (Cons. Stato, sez. VI, n. 5266/2013 cit.). Con riguardo alla controversia in esame (decreto di esproprio adottato dopo l’annullamento giurisdizionale dell’atto comportante dichiarazione di pubblica utilità), il Collegio è dell’avviso che non venga in discussione l’astratta titolarità del potere (certo di spettanza dell’ente comunale), ma le concrete modalità del suo esercizio. In altri termini: poiché l'amministrazione è resa dalla legge effettiva titolare del potere, ma questo è stato esercitato in assenza dei suoi necessari presupposti, non si è in presenza di un difetto assoluto di attribuzione.
In tal caso, è l'esercizio del potere a essere viziato, ma non si pone questione di sua esistenza, cosicché il provvedimento deve considerarsi annullabile, non già nullo, capace di “degradare” la situazione soggettiva del privato e soggetto alla giurisdizione del g.a. (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 372/2012 cit.). Da tali premesse, segue che il decreto di esproprio in oggetto, sebbene viziato per mancanza del presupposto, una volta divenuto inoppugnabile ha tuttavia prodotto irrevocabilmente i propri effetti e dunque il trasferimento della proprietà del bene conteso (Cons. Stato, sez. IV, n. 6560/2007 cit., pur ritenendo affetto da nullità sopravvenuta il decreto di esproprio emesso dopo la scadenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità, fa salvo “il limite dell’interesse tutelato e dei relativi meccanismi di consolidazione”. La sentenza è testualmente richiamata anche da Cons. Stato, sez. IV, 19.3.2013, n. 1603, che pure - pp. 8 e ss. della memoria del 7.6.2014 - l’appellante cita a sostegno delle proprie tesi). Non vi è dunque spazio per l’applicazione dell’art. 42-bis t.u.

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