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Risarcimento del danno da ritardo
L’inosservanza del termine di conclusione del procedimento non comporta l’obbligo di risarcimento se non sussiste anche il dolo o la colpa - Consiglio di Stato, sez. III, 31/1/2014, n. 468).

L’art. 2-bis della legge n. 241 del 1990 a mente del quale “le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’art. 1, comma 1ter (della legge medesima), sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato dall’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento” tutela in sé il bene della vita inerente alla certezza, quanto al fattore tempo, dei rapporti giuridici che vedono come parte la pubblica amministrazione, stante la ricaduta che il ritardo a provvedere può avere sullo svolgimento di attività ed iniziative economiche condizionate alla valutazione positiva della pubblica amministrazione, ovvero alla rimozione di limiti di rilievo pubblico al loro espletamento (cfr. Cons. Stato, sez. V. n. 3405 del 21.6.2013; sez. V, n. 1271 del 28.2.2011).
Sul piano oggettivo l’illecito de quo riceve qualificazione dall’inosservanza del termine ordinamentale per la conclusione del procedimento; sul piano soggettivo il ritardo deve essere ascrivibile ad un’inosservanza dolosa o colposa dei termini di legge o di regolamento stabiliti per l’adozione dell’atto terminale. Il solo dato oggettivo della violazione di una norma di azione non integra, in conseguenza, gli estremi di una condotta cui possa collegarsi l’obbligo risarcitorio in assenza dell’elemento soggettivo della colpa.
Nel caso di specie, a fronte di un quadro regolamentare composito - caratterizzato dal succedersi nel tempo di diverse normative generali sul piano programmatorio e pianificatorio in ordine al rilascio dell’autorizzazione all'esercizio di attività diagnostica tac-pet - nonché dell’esito del giudizio di primo grado conforme alla scelta provvedimentale dell’amministrazione di segno negativo, come tale impeditivo di ogni determinazione favorevole sulla domanda della ricorrente fino alla definizione del giudizio di appello, non emergono gli estremi di una condotta colpevole dell’amministrazione, secondo i noti parametri della correttezza, imparzialità, buon andamento cui deve conformarsi l’agire egli organi pubblici.

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