Violazione C.d.S.: il decreto prefettizio non deve sempre indicare il luogo in cui è avvenuta la violazione

Il caso. Il Tribunale di Lametia Terme rigettava l’opposizione proposta avverso il verbale di accertamento di violazione delle norme del codice della strada.
L’imputato ricorre per cassazione denunciando come l’impugnata sentenza avesse ritenuto infondata la doglianza relativa all’omessa inclusione, nel decreto prefettizio, del tratto di strada in cui l’infrazione sarebbe stata commessa, ciò comportando l’invalidità della contestazione non immediata.

La Suprema Corte ribadisce che l’inserimento del tratto stradale nel decreto prefettizio è necessario «solo ove la violazione al c.d.s. avviene attraverso l’utilizzazione di apparecchiature di rilevamento “a distanza” e non invece – come nella fattispecie – con l’utilizzazione di apparecchiature direttamente gestite dagli agenti di polizia».

La Suprema Corte riconosce che l’impugnata sentenza abbia fatto «buon governo delle norme e dei principi ermeneutici applicabili nella fattispecie» ed abbia, pertanto, «deciso conformemente all’orientamento giurisprudenziale di questa Corte». La Corte rigetta il ricorso.

Consulta l’ordinanza n. 5610/2018, Cassazione civile

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