Focus lavoro agile

Fonte: Italia Oggi

Anna Tauro – Italia Oggi  – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

La fi nedel lockdown non frena lo smart working. In Italia, secondo le stime dell’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano, prima che l’esperienza Covid-19 sconvolgesse il nostro modo di vivere e lavorare, lo smart working riguardava 570 mila lavoratori, il 20% in più del 2018. L’emergenza Covid-19 ha costituito un radicale punto di svolta: lo smart working è stato adottato come modalità preferibile o addirittura obbligatoria di lavoro in quanto il lavoro da remoto si è rilevata una soluzione, forse l’unica possibile, per conciliare le limitazioni dovute all’emergenza sanitaria con la necessità di assicurare la continuità del lavoro. L’impatto è stato quindi travolgente, il numero di lavoratori da remoto è improvvisamente schizzato a una cifra vicina agli 8 milioni. Superata la fase del lockdown e al termine del regime semplifi cato (15 ottobre, salvo proroghe dello stato di emergenza) che consente al datore di lavoro di ricorrere allo smart working con una decisione unilaterale e senza accordo individuale, si stima che potrebbero rimanere in modalità agile, anche in forma impropria, comprendendo, per esempio, pure autonomi e professionisti, 4/5 milioni di lavoratori. Dal 16 ottobre, salvo che per il comparto del pubblico impiego dove il lavoro agile è già stato prorogato fi no al 31 dicembre 2020, e in attesa della proroga dello stato di emergenza fi no al 31 gennaio 2021, la possibilità di collocare i lavoratori in smart working tornerà a essere soggetta alle regole ordinarie di legge (L. n. 81/2017): in particolare, occorrerà un accordo individuale e stipulato per iscritto tra ogni datore di lavoro e lavoratore, nel quale dovranno essere stabiliti i tempi e le modalità delle prestazioni lavorative rese in modalità agile e dunque al di fuori dei locali aziendali. In questo contesto si colloca il tavolo di confronto avviato tra parti sociali e ministero del lavoro, necessario a capire se la legge del 2017 sullo smart working abbia bisogno di una riforma e se regole specifi che vadano inserite anche nei contratti collettivi di lavoro. Tra le proposte del governo ai sindacati c’è appunto la novità che possa essere la contrattazione collettiva a disciplinare il lavoro agile, con un ruolo più marcato da affi dare ai contratti nazionali o aziendali che potranno normare temi come il diritto alla disconnessione e affrontare la conciliazione vita-lavoro. Le associazioni datoriali Assoced, Lait e il sindacato dei lavoratori Ugl Terziario consapevoli dell’importanza della nuova modalità di organizzazione del lavoro, hanno anticipato i tempi e nel 2019 hanno sviluppato all’interno del Ccnl per i dipendenti di Centri elaborazione dati (Ced), imprese Ict, professioni digitali e Stp, un percorso normativo che tiene conto della innovazione delle tecnologie informatiche e della loro diffusione in ambito aziendale, adottando modelli di lavoro in grado di garantire fl essibilità di luogo e di orario e promuovendo la responsabilizzazione sui risultati. Hanno quindi individuato nel lavoro agile la misura innovativa capace di conciliare i tempi di vita con i tempi di lavoro, attraverso leve di fl essibilità legate al luogo e al tempo di svolgimento della prestazione lavorativa. Pertanto, sin dal 1° gennaio 2019 le aziende e i dipendenti di Centri elaborazione dati (Ced), imprese Ict, professioni digitali e Stp, possono godere di una misura strutturale di conciliazione tra vita professionale e vita privata dei lavoratori regolata all’interno del proprio contratto collettivo, che diventa fonte primaria per la defi nizione dei diritti, prima ancora che questi vengano pattuiti all’interno di un accordo individuale. Attraverso l’adesione allo smart working, che non costituisce una nuova forma di rapporto di lavoro, ma una diversa modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, la prestazione può essere svolta dalla propria residenza o da altro luogo o da altra sede aziendale, può avvenire sia su base volontaria ovvero previo accordo tra azienda e singolo dipendente. Lo schema dell’accordo sottoscritto tra Azienda e lavoratore è oggetto di comunicazione all’Ente bilaterale nazionale Ebce che vigila sul rispetto delle norme contenute nel contratto collettivo di lavoro e fornisce annualmente un report con l’indicazione dei dati relativi allo sviluppo dell’istituto normativo dello smart working. L’Osservatorio del lavoro presso l’Ebce ha già rilevato che i benefici economico-sociali potenziali dell’adozione di modelli di lavoro agile sono enormi. Si può stimare un incremento di produttività del 15% per lavoratore, una riduzione del tasso di assenteismo pari al 20%, risparmi del 30% sui costi di gestione degli spazi fi sici per quelle iniziative che portano a un ripensamento degli spazi di lavoro e un miglioramento dell’equilibrio fra lavoro e vita privata per circa l’80% dei lavoratori. «Per questo la rivoluzione non va fermata, al contrario bisogna accelerare e promuovere la diffusione dello strumento sull’intero territorio», ribadisce Giancarlo Badalin, Presidente di Ebce. I Ced, le aziende digitali e del settore Ict durante il lockdown hanno sperimentato con successo l’agilità facendo lavorare il loro personale da casa. Per questi settori la tendenza ad adottare modalità di lavoro fl essibile era, tuttavia, un fenomeno in ascesa già prima della pandemia, tant’è che il nostro contratto collettivo già conteneva una precisa regolamentazione al riguardo e la crisi ha solo accelerato e consolidato un trend già in atto».

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