Prova del tasso alcolemico: non basta citare la curva di Widmarkg

IL CASO

Un automobilista coinvolto in un sinistro stradale viene sottoposto ad alcoltest il quale restituisce esito positivo, indicando un tasso alcolemico di 1,49 e 1,35 g/l.
Considerato che tale misurazione veniva effettuata a due ore di distanza dall’incidente e che, secondo la curva di Widmarkg la concentrazione di alcool nel sangue assume un andamento decrescente, al trasgressore non veniva contestata la violazione di cui al comma 2 lettera b) dell’art.186 CdS (guida con tasso alcol emico compreso tra 0,8 e 1,5 g/l) bensì quella – più grave – di cui al comma 2 lettera c) del medesimo articolo (guida con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l), poiché si supponeva che al momento del sinistro lo stesso avesse sicuramente un valore superiore a 1,49 g/l di alcol nella circolazione sanguigna.

Tuttavia questo orientamento, avallato sia in primo che in secondo grado, è stato cassato in sede di legittimità. La Suprema Corte ha infatti dichiarato illogica quest’argomentazione, sostenendo che “Il giudice può essere fruitore, o se si vuole utilizzatore,di regole scientifiche, ma, fatta eccezione per le conoscenze facenti parte del notorio, non può porre egli la regola, che assume essere scientifica, magari credendo di apprestarle autorevolezza citando lo studioso alla quale si attribuisce la scoperta o l’affinamento della tecnica conoscitiva”. Per desumere la – maggiore – colpevolezza dell’imputato la corte di merito avrebbe dovuto incaricare un perito, cosa che invece non era stata fatta.

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