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Edilizia: la tenda-pergolato non è nuova costruzione
Il Consiglio di Stato torna sul tema della precarietà delle opere edilizie e sui titoli abilitativi

Un comune notifica l'obbligo di sospensione dei lavori e di demolizione di opere abusivamente realizzate nei confronti di un privato che aveva - senza alcun titolo abilitativo - realizzato una copertura amovibile, costituita da una tenda-pergolato sorretta da telaio in alluminio anodizzato, sul terrazzo di casa propria. Dopo aver subito il rigetto del ricorso in primo grado da parte del TAR LAZIO, il proprietario ricorre in appello al Consiglio di Stato il quale torna sulla questione della precarietà delle opere ricordando che "dall’articolo 3, comma 1, lett. e.5 del Testo Unico dell’Edilizia è possibile trarre una nozione di “opera precaria”, la quale è fondata non sulle caratteristiche dei materiali utilizzati né sulle modalità di ancoraggio delle stesse al suolo quanto piuttosto sulle esigenze (di natura stabile o temporanea) che esse siano dirette a soddisfare". In questo senso quindi anche le "pergotende" o "tende a casetta" rientrerebbero nella categoria delle opere stabili, non precarie, in quanto rispondenti ad un'esigenza non meramente transitoria ed occasionale, bensì duratura nel tempo. 

Dopo aver chiarito quindi che i manufatti in questione non sono “precari”, i giudici amministrativi rilevano tuttavia che "l’opera principale non è la struttura in sé, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’unità abitativa. Considerata in tale contesto, la struttura in alluminio anodizzato si qualifica in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda. Quest’ultima, poi, integrata alla struttura portante, non vale a configurare una “nuova costruzione”, atteso che essa è in materiale plastico e retrattile, onde non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio".

Leggi la Sentenza del Consiglio di Stato, n.1619 del 27 aprile 2016

 

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