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Portare il decoder al circolo per vedere la partita con gli amici è reato?
Sentenza 1413/2017, Tribunale di Bari: si può vedere la partita al circolo con gli amici, utilizzando il proprio decoder domestico, a patto che non ci siano fini di lucro

Portare il decoder di casa al circolo privato per vedere la partita in compagnia degli amici è reato?

Vediamo i fatti: un gruppo di amici si organizzava, per fare una sorpresa a un membro della combriccola, per vedere una partita di calcio protetta dai diritti TV presso un circolo privato. Quasi al termine dell'incontro irrompeva la Guardia di Finanza, interrompendo la visione. Secondo i militari sarebbe illegittimo vedere la partita in compagnia di altri con il proprio decoder privato, per di più all'interno della sede di un circolo. 

I giudici del TAR sono però di diversa opinione: l'art 171 -ter Legge n. 633 del 1941 sanziona la condotta di chi, per uso non personale e a fini di lucro, in assenza di accordo con il legittimo distributore, ritrasmette o diffonde con qualsiasi mezzo un servizio criptato ricevuto per mezzo di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni ad accesso condizionato. 

Fondamentale è però che ci sia fine di lucro. Commette reato, ad esempio, il gestore del bar che, sfruttando un abbonamento privato, organizzi una serata in concomitanza di un evento sportivo e sfrutti la cosa per portare più clienti nel suo locale (facendo ad esempio pubblicità) o faccia pagare un biglietto per la visione. 

Nel caso che esaminiamo, invece, non c'è reato. L'art. 171-ter citato deve senz'altro ritenersi integrato dalla condotta di chi, utilizzando una "smart card" ad uso domestico, diffonda in pubblico i programmi stessi in assenza di accordo con il distributore.

Non può rientrare in questa definizione la condotta di chi, con un gruppo di amici, segue uno spettacolo televisivo. Il punto fondamentale è l'assenza del fine di lucro.

Per quanto riguarda il caso in oggetto, non vi era prova che il gestore avesse pubblicizzato l'evento sportivo trasmesso, la cui diffusione non poteva perciò ritenersi funzionale a far confluire nel locale un maggior numero di persone. Al momento dell'accertamento, inoltre, all'interno del pub erano presenti pochissimi avventori e non c'erano prove per affermare che fosse stato chiesto il pagamento di un biglietto per seguire l'evento. 

Assoluzione quindi, perché il fatto non costituisce reato. 

Consulta la Sentenza n. 1413/2017, del Tribunale di Bari



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