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Armi giocattolo: usarle per minacciare il vicino è reato aggravato

Durante un litigio con il vicino, nell’ambito di rapporti già tesi ed evidentemente deteriorati, l’imputato è rientrato in casa per impossessarsi di un’arma giocattolo poi brandita contro la controparte. Nel frangente proferiva inoltre le parole “io ti sparo in bocca” ed altre numerose minacce e ingiurie.

Condannato per “minaccia” ai sensi dell’art. 612 del Codice Penale, ricorre in Cassazione sostenendo che l’aggravante prevista per le minacce gravi o le minacce fatte in uno dei modi indicati all’art. 339 del Codice Penale non si sarebbe configurata. Gli viene infatti contestato di aver brandito un’arma contro un’altra persona, senza considerare che in realtà l’oggetto non era altro che un giocattolo.

Basta una pistola finta per integrare l’aggravante di reato

I giudici respingono il ricorso. Nonostante non sia comprovato l’utilizzo dell’arma, a causa di non chiare deposizioni sul punto, la gravità della minaccia può derivare anche dalle sole espressioni verbali adoperate dall'agente quando, avuto riguardo al tenore delle stesse ed al contesto in cui sono state pronunziate, abbiano provocato un grave timore o turbamento psichico nella persona offesa e non necessariamente è da ricollegare a quanto elencato all’articolo 339 del Codice Penale.

È quindi sufficiente minacciare di utilizzare un’arma, ancorché finta, contro un’altra persona per integrare il reato di minaccia aggravata, perseguibile d’ufficio e punibile con fino ad un anno di reclusione.

Consulta la Sentenza n. 17779 del 7.4.2017, Corte di Cassazione


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