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Stop al rinvio della pensione per restare in servizio fino a 70 anni
La Funzione pubblica ribadisce il vincolo grazie alla disposizione interpretativa contenuta nel decreto 101/2013

Per i lavoratori del pubblico impiego non ci sono alternative: indipendentemente dal requisito pensionistico maturato al 31 dicembre 2011, andranno in pensione a 65 anni o a 70, come stabiliscono le regole di settore valide per università e magistratura. Dunque in virtù delle nuove regole, anche se  i requisiti sono stati sviluppati prima della riforma Fornero, i lavoratori della p.a. non potranno veder spostato in avanti il calendario del proprio “collocamento a riposo”.
Il Dipartimento della funzione pubblica, per rispondere ad una richiesta di chiarimenti avanzata dalla direzione risorse umane della Regione Veneto, nella nota 16 settembre 2013, n. 41876 diffusa ieri e firmata dal Capo Dipartimento Antonio Naddeo, ripete le indicazioni offerte a tempo debito dalla circolare n. 3/2012, ma lo fa con un’arma più potente; il richiamo all’articolo 2, commi 4 e 5, del decreto sul pubblico impiego (d.l. 101/2013), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 31 agosto scorso, che ha stabilito per legge l’interpretazione data all’epoca dalla Funzione pubblica sull’obbligatorietà del collocamento a riposo nonostante i nuovi requisiti introdotti dalla riforma Fornero.
Proprio da quella circolare era derivato un aspro contenzioso, che aveva trovato il suo innesco al Ministero della giustizia ma aveva riguardato tutti i settori del pubblico impiego. Con la sentenza n. 2446 del 2013, il TAR del Lazio aveva dato ragione ad un dipendente di Via Arenula che contestava il collocamento a riposo, e aveva dunque ottenuto dai giudici amministrativi la facoltà di fermarsi al lavoro fino a che non avesse raggiunto i nuovi parametri. La nuova regola, inserita al momento in un decreto-legge naturalmente in attesa  di conversione, è interpretativa e quindi ha valore retroattivo, chiudendo per ora la possibilità di altre controversie.
Tutto è generato da un incrocio tra le regole che, per diminuire la spesa di personale delle pubbliche amministrazioni, avevano spinto al collocamento a riposo obbligatorio per chi avesse conseguito i requisiti previdenziali, e quelle (la riforma Fornero appunto) che per alleviare gli oneri delle pensioni ne avevano cambiato i parametri. Nella sua pronuncia al TAR aveva ammesso che sia l’interpretazione della Funzione pubblica sia quella del dipendente avevano fondamento, ma aveva scelto per quest’ultima privilegiando la tutela del diritto individuale alla permanenza in servizio.
La nuova norma chiude la disputa, con l’effetto di indurre le amministrazioni a far “rivivere” i collocamenti a riposo che avevano annullato in autotutela dopo la pronuncia del TAR.


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