Il volume interrato e la nuova costruzione

Il Consiglio di Stato ha affermato che le costruzioni interrate, in via generale, sono annoverabili nella nozione di nuova costruzione, quando, per la loro incidenza sull’assetto urbanistico, comportano una trasformazione del territorio. In tali casi è necessario il permesso a costruire.

Infatti, come anche di recente ritenuto dal Consiglio di Stato, in materia urbanistico-edilizia, relativamente alla definizione degli interventi edilizi, la definizione contenuta nell’art. 3, comma 1, n. 1, del D.P.R n. 380 del 2001 include nella nozione di “interventi di nuova costruzione” la costruzione di “manufatti edilizi fuori terra o interrati”, a conferma del fatto che è indifferente la collocazione dell’edificio al di sotto del piano di campagna, e che solo in via eccezionale è consentito a livello amministrativo di non computare piani interrati di edifici per il resto realizzati fuori terra.

Ai sensi dell’art. 3, comma 1 lett. e1), del d.P.R. n. 380 del 2001 gli interventi di nuova costruzione, per i quali è richiesto il permesso di costruire, comprendono “la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti all’esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e”, il quale a sua volta prevede che sono del pari interventi di nuova costruzione, soggetti a permesso di costruire, gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale”.

Consiglio di Stato sez. VII 15/9/2023 n. 8358

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